Nel XIX secolo, l’Etiopia si trovava ad affrontare una complessa transizione politica e sociale. L’Impero era frammentato in numerosi staterelli governati da potenti nobili, ognuno desideroso di affermare la propria sovranità. Era un periodo di instabilità che creò le condizioni per l’ascesa di una figura ambiziosa: Tewodros II, conosciuto anche come “Teodoros il Grande”.
Nel 1855, dopo una serie di campagne militari, Tewodros riuscì a riunire gran parte dell’Etiopia sotto il suo dominio. Con un pragmatismo sorprendente per l’epoca, intuì l’importanza di dotarsi di armi moderne per consolidare il suo potere e proiettare l’Etiopia sul palcoscenico internazionale. Il suo obiettivo era ambizioso: modernizzare l’esercito etiopico e creare un regno forte e indipendente, capace di resistere alle mire espansionistiche delle potenze europee.
Tewodros decise di rivolgersi alla Gran Bretagna per acquistare armi moderne. Tuttavia, la sua richiesta fu incontrata con diffidenza. Gli inglesi erano cauti nel fornire armamenti a uno stato che consideravano instabile e potenzialmente pericoloso. La frustrazione di Tewodros crebbe quando le sue richieste furono ripetutamente ignorate.
Nel 1867, la pazienza di Tewodros si esaurì. Convinto che la Gran Bretagna stesse cercando di sabotare i suoi piani di modernizzazione, decise di agire. Catturò alcuni missionari britannici presenti nel paese, trasformandoli in ostaggi per spingere gli inglesi ad accettare le sue richieste.
La reazione britannica fu immediata. Non erano disposti a tollerare la presa di ostaggi da parte di un sovrano straniero. Un corpo di spedizione militare britannico, guidato dal generale Robert Napier, fu inviato in Etiopia per liberare gli ostaggi e punire Tewodros.
La spedizione britannica incontrò diverse difficoltà lungo il percorso. Il terreno montuoso dell’Etiopia era ostile e le forze locali, pur essendo meno armate, conoscevano bene il territorio e combattevano con ferocia. Tuttavia, l’esercito britannico, grazie alla sua superiorità tecnologica e logistica, riuscì a prevalere su ogni resistenza.
Nel 1868, Napier arrivò vicino alla fortezza di Maqdala, dove Tewodros si era asserragliato con i suoi uomini. La battaglia fu brutale ma breve. L’esercito britannico bombardò le fortificazioni e superò la difesa etiopica. Tewodros, disperato, decise di togliersi la vita piuttosto che arrendersi.
La campagna di Maqdala segnò un punto di svolta nella storia dell’Etiopia. La sconfitta di Tewodros e la morte violenta del sovrano ebbero profonde conseguenze per il paese:
- Declino della centralizzazione: La morte di Tewodros portò alla frammentazione politica dell’Etiopia. I nobili locali ripresero il controllo dei propri territori, indebolendo l’unità nazionale che Tewodros aveva faticosamente costruito.
- Apertura all’Occidente: La spedizione britannica, nonostante le sue violenze, contribuì ad aprire l’Etiopia al mondo occidentale. La presenza europea si fece più intensa, portando a scambi commerciali e culturali, ma anche a nuove pressioni coloniali.
- Simbolo di resistenza: L’immagine di Tewodros divenne un simbolo di resistenza contro il dominio coloniale. Le sue azioni, pur discutibili in alcuni aspetti, ispirarono le generazioni successive di etiopi a combattere per la libertà e l’indipendenza del loro paese.
La spedizione di Tewodros II fu un evento complesso e controverso. D’altra parte, evidenzia il difficile processo di modernizzazione che stava attraversando l’Africa in quel periodo, con tutte le sue sfide e contraddizioni. La figura di Tewodros rimane un enigma affascinante: un sovrano ambizioso e pragmatico, ma anche impulsivo e autocratico. La sua storia continua ad essere dibattuta dagli storici, offrendo spunti di riflessione su temi cruciali come l’imperialismo europeo, la resistenza africana e il percorso verso la modernizzazione.